Superare l’interpretazione maschile per esprimere la totalità dell’esistenza umana.
Trent’anni fa, parlare delle donne della Bibbia sarebbe stata una novità, almeno nel nostro paese. Non così in altri luoghi (per esempio negli Stati Uniti d’America), dove gli studi sulla presenza e sull’importanza della donna e dell’elemento femminile nei testi biblici datano a partire dal XIX secolo.
La pioniera in questa avventura fu Elisabeth Cady Stanton (1815-1902). Assieme ad altre 26 donne, questa nota suffragetta nordamericana scrisse The Woman’s Bible («La Bibbia della donna»), all’epoca un autentico best-seller, che fu pubblicato a New York in due volumi, rispettivamente, negli anni 1895 e 1898. Le autrici decisero di commentare soltanto quei brani biblici dove le donne erano presenti e quei brani in cui la loro assenza era clamorosa. Nei loro commentari denunciavano i pregiudizi maschili, il loro influsso nell’interpretazione della Bibbia e la misoginia di certi testi. La reazione non si fece attendere e le critiche piovvero da tutte le parti. Benedette critiche!
Emanuele Luzzati, «Ester e Assuero»
La situazione attuale è, fortunatamente, molto diversa e, sotto molti aspetti, certamente carica di speranza. In questi ultimi decenni l’interesse per lo studio delle donne della Bibbia (le matriarche, le profetesse, le donne sagge, le regine, le eroine, le schiave, le mogli, le figlie, le prostitute) e della funzione che esse svolgono all’interno del racconto biblico è cresciuto all’inverosimile. Gli esegeti (uomini, ma soprattutto donne) che si avvicinano alla Bibbia per studiare i testi sulle figure femminili sono molti, sia che abbiano un atteggiamento positivo o negativo nei loro confronti. Gli uni lo fanno per reinterpretare alcuni testi conosciuti che la tradizione ha utilizzato contro la donna; altri vogliono portare alla luce alcune tradizioni dimenticate in cui la donna esercitava una certa leadership; altri ancora indagano sulla vita reale delle donne, che la cultura patriarcale ha relegato al silenzio e all’anonimato.
Nel cosiddetto Elogio dei Padri (Sir 44-50), Ben Sira passa in rassegna la storia d’Israele a partire dal patriarca antidiluviano Enoc sino al suo contemporaneo, il sommo sacerdote Simone ii, figlio di Onia ii, chiamato «il Giusto» (ca. 220-195 a.C.).
A colpo d’occhio, egli adopera un linguaggio del tutto biblico e parla di personaggi conosciuti nella storia del popolo, le cui storie sono narrate nei libri biblici anteriori. D’altro canto, il saggio descrive gli eroi prendendo informazioni da testi diversi e combinando queste informazioni a modo suo, il che a volte risulta paradossale (per esempio, tace completamente sul peccato di Davide).
La galleria di personaggi illustri è composta di patriarchi (Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe), condottieri (Mosè, Giosuè, Caleb), sacerdoti (Aronne, Pincas), re (Davide, Salomone, Saul, Roboamo, Geroboamo, Ezechia, Giosia), profeti (Samuele, Natan, Isaia, Ezechiele, Elia, Eliseo, Geremia) e altri come Zorobabele e Neemia. Colpisce il fatto che tutti gli eroi menzionati siano uomini.
Nell’elenco non appare nemmeno una donna con nome proprio, neppure incidentalmente. Le uniche donne a cui si accenna sono le ragazze che lodavano Davide per il suo trionfo sui diecimila e le donne con cui Salomone si divertiva e che, come ci viene ricordato, furono la causa della sua perdizione.
Ben Sira avrebbe potuto accennare, per esempio, alle matriarche (almeno a Sara), a Miriam, la profetessa, sorella di Mosè e di Aronne oppure a Debora, la giudice che impartiva giustizia sotto la palma tra Rama e Betel.
Ma non lo ha fatto. Decise di ignorarle, tacendo così le loro storie e silenziando le loro voci. Non conosciamo — nessuno può conoscerle — le ragioni di una tale scelta, ma di sicuro essa non fu dovuta a ignoranza o trascuratezza. Personalmente, credo che la ragione sia da collegarsi alla memoria collettiva, ovvero a quell’insieme di rappresentazioni del passato che ogni gruppo sociale seleziona, conserva, elabora e comunica così da potersi distinguere da altri gruppi e rafforzare la propria identità.
Ben Sira era un maestro di sapienza ben conosciuto a Gerusalemme, dove insegnava ai ragazzi delle famiglie benestanti. Era quindi una persona colta, autorevole, la cui dottrina era un punto di riferimento per le giovani generazioni. Tuttavia, nella memoria collettiva che aveva ricevuto, le donne non avevano lasciato alcuna traccia o, meglio ancora, c’erano alcune tracce generiche che affermavano, in tono piuttosto negativo, la loro esistenza e corroboravano la loro insignificanza.
In altre parole, per Ben Sira il ricordo delle donne non ha valore. Per questo motivo, non ci sono nomi femminili nell’Elogio dei Padri, un testo, come tanti altri, declinato tutto al maschile. Elogiare una donna in particolare avrebbe significato ammirarla, riconoscere le sue qualità e le sue azioni e, in fin dei conti, considerarla persona esemplare, degna di essere imitata; ma questo ovviamente non si addiceva al pregiudizio androcentrico che dominava le società antiche del Mediterraneo, dove l’onore di essere ricordato era riservato quasi esclusivamente al maschio.
L’assenza di nomi femminili in Sir 44-50 non è dovuta semplicemente alla misoginia dell’autore, come sostengono alcuni studiosi, ma le sue radici affondano nella memoria e nell’identità collettiva di uno dei gruppi più influenti nella società dell’epoca, di cui il saggio Ben Sira è il massimo rappresentante.
Concludo questa introduzione con un caldo invito rivolto, soprattutto ma non solo, alle donne. Invito voi, lettori tutti, uomini e donne, ad agire come veri archeologi dei testi biblici, nella ricerca di quelle figure sepolte dal peso di un silenzio che sembrava eterno. Vi invito a seguirne le tracce, a conoscerne i nomi o forse anche il loro anonimato, ad ascoltare le loro storie con attenzione somma, per poter così restituire loro un volto e una voce.
Vi invito a liberare la Bibbia dall’interpretazione androcentrica per poter così raggiungere ed esprimere la totalità dell’esistenza umana. La storia delle donne bibliche costituisce un’autentica sfida per tutti i credenti. Vi invito a conservare vivo il loro ricordo e a ricostruire la loro storia tessuta di luci e di ombre. In altre parole, vi invito ad andare in profondità nelle nostre radici bibliche attraverso le nostre illustri e sagge antenate.
di Nuria Calduch-Benages, Osservatore Romano 22 giugno 2017.