Grazie alla disponibilità del regista Giovanni Ziberna, anche la nostra fraternità ha visto il docu-film “Il risveglio di un gigante” prodotto dalla casa cinematografica Sine Sole Cinema. Già in precedenza avevamo avuto modo di apprezzare Giovanni per il rispetto e la discrezione dimostrate durante le riprese che insieme alla moglie Valeria, aveva effettuato nel monastero. Inoltre, nei brevi incontri avuti con lui dopo l’uscita del docu-film, abbiamo potuto constatare il suo personale coinvolgimento in un lavoro in cui crede molto.
La conoscenza di fra’ Emanuele – Presidente dell’Associazione Mariana Amici di Santa Veronica – è stata decisiva per il suo cambiamento di vita. Nella gioia di una nuova nascita alla vita di fede, Giovanni e sua moglie hanno voluto mettere a disposizione le loro competenze in ambito cinematografico per la realizzazione di un film su santa Veronica, cercando di trasmettere la vita e il messaggio di una donna vissuta a cavallo tra il 1600-1700 in un monastero di clausura. Fra’ Emanuele è stato l’ispiratore e – possiamo affermare – l’anima dell’intero progetto. Ciò che è stato realizzato riflette essenzialmente la sua particolare lettura dell’esperienza veronichiana. Chi conosce il suo libretto Santa Veronica Giuliani, vera discepola e apostola di Maria, non avrà difficoltà a ritrovarne nel film l’impostazione generale.

L’intenzionalità del docu-film

Il libro sopra citato, intende far conoscere la figura della Santa per “il rinnovamento del popolo cristiano” (p.5); “per annunciare al mondo le quattro note fondamentali del messaggio veronichiano che sono: il primato dell’amore infinito di Dio, la realtà spaventosa dell’inferno e degli angeli ribelli, alla quale molti oggi non credono più, e particolarmente la dottrina dell’espiazione e il ruolo indispensabile di Maria” (p.6).
L’intenzionalità che si evince sia dal libro che dal docu-film, è quella di proporre la missione di Veronica in un tempo difficile della Chiesa e del mondo. Come dichiarato nel docu-film, il Diario è ritenuto un “punto di riferimento per la fede oggi… la teologia di santa Veronica nel Diario è una teologia limpida, pura, perfetta, sotto tutti gli aspetti” (trinitario, cristologico, mariano…). Santa Veronica è presentata come una creatura eccezionale, unica nel panorama della spiritualità cristiana, posta subito dopo la Madre di Dio. Negli interventi di alcuni intervistati, la Santa è descritta anche come una donna concreta, pienamente umana e inserita in una rete di relazioni e di incombenze quotidiane. Ma il film rimane totalmente sbilanciato nell’evidenziare le esperienze mistiche straordinarie vissute nella sua vita…. “più unica che rara”. “Santa Veronica Giuliani è il più sublime e necessario soggetto di studio che si sia prodotto dopo il Vangelo”.

Si può credere solo interpretando

Quando ci si accosta a una figura come quella di santa Veronica per presentarla al vasto pubblico, è necessario avere una profonda conoscenza della rivelazione cristiana e della storia della spiritualità. Veronica resta una donna e una santa del suo tempo e non può essere trapiantata nel nostro senza avere in mano le corrette chiavi di lettura per interpretare la sua vicenda umana e spirituale.
Ogni santo, ogni mistico, fa parte di un ambiente culturale specifico e in relazione a questo recepisce la fede ed esprime la propria esperienza. Anche Veronica accoglie e traduce il mistero di Dio e delle “realtà eterne” nella cultura e nel linguaggio di una persona del 1600-1700, con gli strumenti limitati e condizionati di cui dispone. Proprio perché “la verità dell’esperienza non coincide mai con la verità del linguaggio che, se rivela la verità, resta sempre altro dalla verità” (Carmine di Sante), è necessario distinguere, in tutto ciò che la Santa scrive, un senso letterale e un senso profondo per evitare il rischio – sempre in agguato – di proporre interpretazioni immediate e fondamentaliste. È indispensabile, cioè, liberare la sua esperienza dai rivestimenti che ne offuscano la verità profonda, il cuore vero e autentico del suo incontro con Dio e rileggerla dentro le categorie della rivelazione, all’interno della penetrazione attuale che la Chiesa ha della storia della salvezza.
“Solo interpretando possiamo credere” (P. Ricoeur).

Riteniamo che il docu-film difetti proprio in questo lavoro interpretativo tanto importante e che quest’assenza si ripercuota nel modo di affrontare temi estremamente delicati e complessi come quelli riguardanti il purgatorio, l’inferno, l’azione del demonio, la ricerca volontaria delle sofferenze e il desiderio di conformazione a Cristo crocifisso.

Brevi accenni interpretativi

Le visioni che molti santi hanno avuto sono di carattere profetico e simbolico, non intendono fotografare avvenimenti futuri e realtà ultraterrene. Infatti esse non soddisfano la nostra curiosità ma desiderano mettere in luce la Volontà di Dio per il nostro oggi, unico spazio dove poter incontrare il Dio vivente. “La profezia nel senso della Bibbia non significa predire il futuro, ma spiegare la volontà di Dio per il presente e quindi mostrare la retta via verso il futuro. Colui che predice l’avvenire viene incontro alla curiosità della ragione, che desidera squarciare il velo del futuro; il profeta viene incontro alla cecità della volontà e del pensiero e chiarisce la volontà di Dio come esigenza ed indicazione per il presente” (Joseph Ratzinger).

Da questo punto di vista, la scelta di rappresentare le visioni del purgatorio e dell’inferno raccontate dalla Santa, ci ha lasciate alquanto perplesse e ci domandiamo quanto questo aiuti le persone a crescere nell’autentica fede ecclesiale.
Forse, invece, è da condividere quanto scritto da Dietrich Bonhoeffer: “Dio divenuto uomo, è l’imperscrutabile mistero dell’amore di Dio. Dio ama l’uomo. Dio ama il mondo. Non un uomo ideale, ma l’uomo così com’è; non un mondo ideale, ma il mondo reale. L’uomo e il mondo nella loro realtà, che a noi paiono abominevoli per la loro empietà e da cui ci ritraiamo con dolore e ostilità, sono invece per Dio l’oggetto di un amore infinito. Mentre noi cerchiamo di superare la nostra umanità e di lasciarla indietro, Dio diventa uomo. Noi facciamo distinzioni fra pii ed empi, tra buoni e cattivi, tra nobili e comuni, Dio ama l’uomo vero senza distinzioni. Egli non sopporta che noi dividiamo il mondo e gli uomini secondo i nostri criteri per erigerci a giudici su di loro. Dio si pone a fianco dell’uomo vero e del mondo reale contro tutti i loro accusatori. Egli si lascia accusare con gli uomini e con il mondo e trasforma così i suoi giudici in accusati”. Perché “il motivo dell’amore di Dio per l’uomo non si trova nell’uomo stesso, ma in Dio”.

Altra categoria teologica complessa è quella di espiazione.
Non c’è dubbio che la croce sia il centro della rivelazione cristiana. Essa però non è importante come somma di sofferenze fisiche, e il suo valore redentivo non dipende dal maggior numero possibile di tormenti abbracciati. In essa non conta il dolore in quanto tale, ma la profondità dell’amore perché Dio non prova gioia dall’offerta delle pene di una sua creatura, né esse sono il prezzo per acquistare la salvezza.
L’espiazione cristiana, quindi, non è un mezzo per riconciliarsi con Dio, per renderlo indulgente, offrendogli in cambio qualcosa di caro e prezioso: l’uomo non sarà mai in grado di saldare il suo debito. L’iniziativa non può essere nostra, ma proviene da Dio: Lui solo può donare a noi umani una nuova possibilità di vivere alla luce della sua santità, sottraendoci alla morte. Questa possibilità Egli l’ha donata in Gesù: culmine e definitivo compimento della lunga storia di salvezza iniziata con Abramo.

In questo orizzonte, dobbiamo inserire la donazione di Veronica e in queste coordinate va riletta la sua espiazione per amore di Dio e dei fratelli, tenendo sempre presente che, avendo promosso il dolore a soggetto privilegiato della propria storia spirituale, la sete insaziabile di penare è il suo modo peculiare di accogliere l’amore e di aderire alla volontà salvifica di Dio.

Risulta evidente che Veronica non poteva affermare in preghiera davanti al Crocifisso: Sarò io, la vostra Veronica, la riparatrice, la consolatrice, io do’ il mio sangue per risparmiare il vostro…, anche perché tutta la sua esperienza mistica la porta alla percezione di sé come nulla. “Il nulla di Veronica […] è il correlativo d’una realtà situazionale dell’essere umano in sé, da quando è messo in relazione con l’Altro. […] Diario e autobiografie, in pagine numerose ed intense, tanto efficacemente descrittive quanto lontane dalla sistematicità, analizzano con audacia illimitata questa condizione umana” (Giovanni Pozzi).

Sì sì, mio Sommo Bene; vi ringrazio che mi avete cavato dal nulla. Questo nulla è restato in me; non ho altro che il niente. (D II, 1271) / Questo solo mi dava cognizione di Lui e di me stessa; fra il nulla che ero io, fra il tutto che è Iddio. (D I, 63) / Mio Sposo, qui vi vuole l’amor vostro; però questo vi addimando, non per altro, che per riamare Voi medesimo. (D II, 462)

Questi sono solo alcuni esempi della percezione che lei ha di se stessa e di Dio.

La Santa ha collaborato alla redenzione del mondo sempre nella logica dell’alleanza biblica. La sua fede, come la nostra, nasce dalla risurrezione di Cristo: risorti con Lui siamo chiamati a far risorgere il mondo posto nelle nostre mani e affidato alla nostra responsabilità.

La fraternità

La vita di Veronica può essere compresa in tutta la sua profondità solo se alla dimensione verticale si affianca quella orizzontale, cioè, se la sua esistenza viene collocata – così come fu – nella fraternità. Vivendola, la Santa ha imparato per prima, cosa sia il “dono di sé”; ha accettato di assumere le povertà delle sorelle, spezzando la catena dell’incomprensione e del rifiuto. Nello stesso tempo anche le sorelle hanno imparato a prendere su di loro, con fede e carità, le povertà di Veronica costruendo insieme nel monastero un pezzo di mondo riconciliato. Quest’esperienza di carità reciproca non si è esaurita internamente, ma è stata un canale privilegiato per far giungere la salvezza di Dio ai “peccatori”.

Ieri come oggi, contribuire a costruire una fraternità autentica, in cammino, dove ognuna – nonostante le difficoltà e i peccati – è sempre pronta a riscattare l’altra offrendo se stessa, significa collaborare alla redenzione del mondo.
La morte di Gesù, infatti, non opera la salvezza automaticamente, riversandola in modo magico su coloro che vengono salvati; crea, invece, in coloro che credono e si affidano a Lui, un nuovo terreno umano nel quale è possibile porre rimedio alle conseguenze del peccato che ha sempre una dimensione sociale e comunitaria. Egli ha consegnato questa possibilità di liberazione a una nuova “famiglia” in cui ognuno perdona e “salva” il fratello e la sorella prendendo su di sé le conseguenze del loro peccato.

Il perdono di Dio, la Sua espiazione a favore di tutti i suoi figli e figlie sparsi nel mondo, erano per la Santa compito e sfida da svolgere e affrontare nella sua realtà quotidiana. Quando un giorno, evitando appositamente le sorelle, corse a pregare davanti al tabernacolo, il Signore le disse: tu non vuoi ascoltare le tue sorelle e io non ascolto te! Le sue ultime parole: Ho trovato l’Amore…. sono state raccolte dalla fraternità riunita intorno al suo letto e a noi consegnate.
Siamo certe che l’Amore finalmente trovato sia stato il Signore, lo Sposo tanto amato, ma in Lui, lei ha trovato anche le sorelle: con esse – lungo tutta la vita – ha costruito il Regno di Dio, il luogo in cui accogliere la liberazione operata da Cristo e in cui ci si dona per la libertà dell’altra.

Siamo consapevoli che gli autori del docu-film si sono trovati di fronte a delle scelte non facili: era impossibile dire tutto e rappresentare tutto, ma la mancanza totale del contesto comunitario, non permette di conoscere Veronica e di sentirla sorella, qual’è veramente.

Visione della storia

Veronica, donna, monaca e per di più sottoposta a numerose restrizioni da parte del Sant’Uffizio, era animata da uno spirito missionario non comune ai suoi tempi: dalla contemplazione di Dio volgeva lo sguardo costantemente al mondo, alla Chiesa, alle “anime”.
Anche noi, monache come lei, trepidiamo per il mondo e lo guardiamo da una prospettiva particolare. Crediamo che Veronica ci abbia lasciato una sfida grande: la speranza della vita eterna … ma per tutti! Per noi cristiani, questa speranza universale è un dovere da vivere come consolazione e come appello.
Rileggendo con le chiavi giuste la sua vita e la sua esperienza mistica, possiamo approdare alla consapevolezza che “non c’è stata e non c’è una “storia santa”, ma la storia umana letta nella fede. C’è la storia, un’unica storia dell’umanità, ma il credente è reso capace, grazie alla fede, di un sua lettura più profonda, che scorga l’azione di Dio dove gli altri non la vedono. Emerge con chiarezza che la lettura cristiana della storia è sempre “pratica”, “profetica”: occorre infatti ricevere in dono lo sguardo di Dio, uno sguardo apocalittico, che sa alzare il velo e fare discernimento in verità sotto la scorza dura e sovente ambigua della quale sono rivestiti gli eventi della storia. Acquisire la prospettiva di Dio, quella che vede l’avvenire del suo Regno nell’opacità del tempo e degli eventi, è operazione che si situa nell’economia del dono; […]. È così che lo sguardo del credente accoglie il male e il bene, la morte e la vita, la gioia e la fatica e sa leggere tutto nell’ottica dell’onnipotenza dell’amore di Dio, del suo amore viscerale, della sua compassionevole misericordia. […] Solo in questa prospettiva, dove vediamo il peccato che abbonda, possiamo intravedere la grazia che sovrabbonda” (Enzo Bianchi).

Bibliografia

Carmine Di Sante, L’uomo alla presenza di Dio. L’umanesimo biblico. Gdc 344, Queriniana 2010, 20.

Dietrich Bonhoeffer, Fedeltà al mondo. Meditazioni. Queriniana 2004, 21-22.

Emanuele fr., Santa Veronica Giuliani, vera discepola e apostola di Maria. Città di Castello 2011.

Enzo Bianchi, Per un discernimento cristiano nella storia: criteri e prospettive. Intervento presso la Pontificia Università Urbaniana nell’ambito del Convegno Internazionale dedicato al discernimento nella vita della Chiesa, 15 marzo 2017.

Gerhard Lohfink, Dio ha bisogno della Chiesa? Sulla teologia del popolo di Dio. San Paolo 1999.

Giovanni Pozzi, Il «parere» autobiografico di Veronica Giuliani in Grammatica e retorica dei santi. Vita e Pensiero 1997, 224-225.

Joseph Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo. Queriniana 2007.
Il messaggio di Fatima. Commento teologico. Congregazione per la Dottrina della fede.

Paul Ricoer, Il simbolo dà a pensare. Morcelliana 2006.